I volti del lavoro non vuole essere solo uno spazio in cui raccontare delle storie più o meno negative di esperienze lavorative, ma soprattutto riportare vividamente la realtà dei fatti all’interno delle suddette. Per quanti avessero già ascoltato la prima puntata di questo podcast, la lettura di questa intervista, raccolta durante la scorsa estate, sarà solo un chiarimento rispetto a quanto già sentito. Per chi invece non lo avesse ascoltato (lo può trovare in questo link https://sankarafc.it/ascolta-la-radio/ ) sarà invece un’immersione più secca nella realtà della sportelleria di Poste Italiane. La protagonista è ancora una volta la nostra Nunzia, che si è prestata a rispondere ad una serie di domande sulla situazione degli addetti agli sportelli degli uffici postali della provincia di Lucca.
-Potresti presentarti?
Mi chiamo (Nunzia) e sono un’impiegata delle poste. Sono sempre stata affascinata dal mio lavoro, perché se ben fatto offre dei servigi importanti alla cittadinanza e perché sono nata vedendolo fare: anche mio padre lavorava per le poste, quindi c’è una componente affettiva. Però il lavoro sta diventando sempre più difficile, visto che siamo in pochi agli sportelli. Io non ho un ufficio fisso, mi sposto per sostituire il personale dove manca, ma la situazione è drammatica.
-Nel tuo contratto è prevista la possibilità di essere distaccati?
Sì, ma io mi sono resa disponibile per farlo, ad altri invece viene richiesto perché il personale non basta. Spesso ci troviamo con una solo persona in ciascun ufficio.
-Ogni quanto venite spostati da un ufficio all’altro?
Anche tutti i giorni, dipende dalle necessità legate alle assenze per ferie o malattia. Il programma dei distaccamenti ci viene dato il giovedì o il venerdì per la settimana successiva.
-Quindi la politica aziendale è stata condivisa con voi, o potete solo supporre che continui in questo modo perché il servizio riesce comunque a restare in piedi?
Noi non abbiamo mai chiesto di doverlo mandare avanti in questo modo. Abbiamo invece chiesto una soluzione strutturale.
-Di che tipo?
Prima di tutto assunzioni a tempo determinato per coprire le eventuali assenze, come è previsto per i portalettere. E poi anche assunzioni a tempo indeterminato per coprire il turnover che si sta venendo a creare con in pensionamenti avvenuti e in arrivo grazie a quota 100. Sono 3 o 4 anni che continuiamo a chiederlo, ma niente.
-Quali sono i principali problemi di questa modalità di lavoro?
Prima di tutto la sicurezza. In questo periodo di pandemia abbiamo lavorato quasi ogni giorno a contatto con persone diverse, aumentando quindi il rischio di contagiarci tra noi.
-Avete avuto dei problemi con i sistemi di prevenzione?
All’inizio della pandemia sì. Per fortuna grazie agli interventi sindacali è nato un protocollo sanitario con poste che ha messo in sicurezza l’attività degli sportelli, che sono stati dotati di tutte le precauzioni necessarie. Ma questo non è stato sufficiente, perché il vero problema è stata la gestione della clientela e delle code, venutesi a creare a causa della chiusura di numerosi uffici. Siamo spesso dovuti intervenire in mezzo all’utenza per placare delle persone infuriate, giustamente, per la lentezza con cui venivano servite. I portalettere invece erano in prima linea fin da subito, dovendo entrare più spesso a contatto con i destinatari delle raccomandate.
-Quanti uffici sono stati chiusi nella provincia di Lucca?
Perlopiù si trattava di uffici nella piana o in Garfagnana. In Versilia invece sono stati chiusi solo quelli più grandi, e lo sono tutt’ora, ad eccezione di quello di Viareggio centro. In totale si parla di circa 30/40 uffici, di cui molti non hanno ancora riaperto. Questa è stata una scelta fatta con coscienza, per poter meglio gestire il personale rimasto per coprire le assenze. Una volta non si sarebbero mai azzardati a fare una cosa del genere, con il timore delle TAR che sarebbe intervenuto in favore di noi dipendenti, ma la pandemia è stata la scusa giusta per chiudere gli uffici sia nel periodo più duro delle chiusure che in quello estivo, delle ferie.
-Avete contestato questa pratica?
La stiamo tutt’ora contestando, anche se nel frattempo abbiamo avuto un’altra questione che ha catalizzato la nostra attenzione, cioè il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, che abbiamo ottenuto da poco dopo tre anni di contratto scaduto. Ma siamo già in mobilitazione anche per queste altre problematiche.
-Avete iniziative in programma?
Attendiamo il tavolo sindacale a livello nazionale, dopodiché qualcosa dovrà succedere se la situazione non cambierà.
-Come ci si sente a dover trattare con un utente infuriato, e magari anche aggressivo?
Io mi sento in colpa, veramente. I servizi di poste hanno una richiesta altissima, perché sono spesso fondamentali, e io mi sento profondamente in colpa a non poter dare all’utenza una risposta adeguata. Poi nel trattare il caso singolo ho imparato con l’esperienza che serve molta pazienza, ma comunque non sempre è possibile soddisfare le richieste del cliente. Questo non è causato solo dalla scarsità del personale, ma anche da problemi infrastrutturali dei server di poste che si presentano regolarmente, in particolare dopo gli aggiornamenti. Ci sarebbe bisogno di investire anche in questo.
-Quanto è grave la carenza di personale? E quante pensi che dovrebbero essere le assunzioni per risolvere il problema.
La maggioranza degli uffici ha un solo operatore di sportelleria, ma tendenzialmente manca almeno una persona in ogni ufficio, rispetto al numero previsto. Per ritornare a regime nella provincia di Lucca, e riaprire anche gli uffici chiusi, dovrebbero essere assunte almeno una sessantina di persone.
-Riguardo al punto di vista affettivo verso il tuo lavoro, come ti fa sentire il servizio che viene offerto oggi rispetto all’idea che ne avevi tempo fa?
Manca la parte umana con cui sono cresciuta. Tra gli impiegati delle poste e la clientela si è creato distacco, perché siamo costretti a correre e non possiamo dare loro l’attenzione che necessitano. E questo distacco lo posso avvertire anche tra noi impiegati e i nostri superiori. Io credo che Poste sia un’azienda che non ama più il territorio su cui opera.
-Qualche considerazione finale?
Mi preme dire che c’è bisogno che questa azienda investa ancora di più in personale, sicurezza e infrastrutture, perché quello che è stato fatto fino ad ora non è evidentemente sufficiente.